Castelli in Spagna, castelli in aria

Cari lettori, oggi voglio portarvi alla scoperta di una interessante curiosità letteraria, partendo dalle pagine di Solo David, il romanzo di Eleanor Hodgman Porter pubblicato da flower-ed nel 2019. Il capitolo XVI è intitolato nella nostra traduzione italiana “I castelli in aria di David”. Costruire castelli in aria significa sognare a occhi aperti, ideando progetti irraggiungibili nella pratica; tuttavia, mentre “in aria” non è difficile da interpretare, l’originale inglese “in Spain” (“in Spagna”) necessita di qualche spiegazione in più.

La prima occorrenza in inglese di questa espressione risale al The Romaunt of Rose, traduzione parziale in Middle English dell’opera Le Roman de la Rose (“Il Romanzo della Rosa”), il celebre poema allegorico che incarna l’etica aristocratica dell’amor cortese. Il riferimento è all’innamorato che in sogno crede di tenere fra le sue braccia l’amata:

Lors feras chastiaus en Espaigne (“Thou shalt make castles in Spaine”)

Le sue radici affondano dunque nella lingua francese e, secondo alcuni studiosi, vanno ricercate ancor più indietro nel tempo, nella chanson de geste Aymeri de Narbonne (“Amerigo di Narbona”). La storia racconta che, tornando verso casa dopo la battaglia di Roncisvalle, nel nord della Spagna, durante la quale la retroguardia del suo esercito fu attaccata e massacrata, Carlo Magno si imbatté nella città di Narbona, roccaforte saracena. Decise di offrirla come possedimento a chiunque fra i suoi cavalieri l’avesse vinta, ma, interpellati uno a uno dal re, tutti rifiutarono di combattere ancora. Richarz de Normendie (“Riccardo di Normandia”) dichiarò:

Se j’estoie or arier en Normendie,

Ja en Espaigne n’avroie manantie,

Ne de Narbone n’avroie seignorie.

Fu allora che Ernaut de Beaulande presentò al re suo figlio Aymeriet (“Amerighetto”). Immediatamente tornano alla memoria Aymerillot di Victor Hugo e la traduzione di Pascoli, la diffusione del nome, Amerigo Vespucci e l’America. Ma questa è un’altra storia.

Sembra che durante la conquista della penisola iberica da parte dei Mori non venissero costruiti castelli nelle campagne spagnole per non offrire rifugio agli invasori. Un castello in Spagna era dunque qualcosa di impossibile da raggiungere e conquistare.

L’espressione compare anche nella letteratura successiva e talvolta “Spagna” è sostituito con un altro toponimo per necessità di rima. In queste varianti l’idea suggerita è sempre quella di un luogo lontano e inaccessibile.

In sede di traduzione è sempre importante andare oltre il significato letterale, capire non cosa l’autore dice, ma cosa l’autore vuole dire; il piccolo David, nato nel New England, non costruisce un castello realmente collocato in Spagna: la sua è una costruzione mentale, fatta di pensieri e immaginazione.

Con il passare del tempo il riferimento culturale andò perduto e oggi in inglese troviamo l’utilizzo di “castelli in aria” maggiormente diffuso rispetto a “castelli in Spagna”.