I capelli di Lilith

Nel panorama letterario di fine Ottocento, Lilith (1895) di George MacDonald rappresenta un’opera straordinaria, in cui la visione teologica, la mitologia più arcaica e il simbolismo cristiano si intrecciano in una storia che ruota intorno al concetto di redenzione. Lungi, dunque, dall’essere una semplice narrazione fantastica, il romanzo, visionario e denso di significati, costituisce una complessa meditazione sulla caduta, sul libero arbitrio e sul cammino verso la salvezza.
Nel mondo spirituale creato da George MacDonald, ogni elemento corporeo si carica di un valore profondo. L’attenzione al corpo femminile non è puramente descrittiva. I capelli di Lilith, in particolare, se da una parte aiutano a tratteggiare la sua immagine esteriore, dall’altra assumono una valenza simbolica che accompagna la sua trasformazione interiore.
Da emblema di potere e ribellione, la lunga chioma nera si trasforma progressivamente in una soglia visibile attraverso cui si manifesta il dramma spirituale del personaggio in lotta tra orgoglio e resa, volontà di dominio e accettazione.
“I capelli le scendevano quasi fino ai piedi e a volte il vento li mescolava così tanto con la nebbia che non riuscivo a distinguere gli uni dall’altra…”
Nella tradizione biblica e mitologica i capelli lunghi sono spesso segno di forza o di fascino – si pensi a Sansone, a Maria Maddalena, a Medusa. MacDonald si serve di questo archetipo, lo trasfigura e lo reinterpreta attraverso una lente cristiana e redentiva. La chioma di Lilith incarna così una bellezza oscura che deve essere trascesa per lasciare spazio alla salvezza.
I lunghi capelli sensuali, avvolgenti, quasi serpenteschi partecipano all’illusione, al potere e al fascino che Lilith esercita sul protagonista, sul lettore e persino sull’Autore. Estensione della sua identità, suo strumento di potere, come quelli della piccola Tangle nel racconto La chiave d’oro, sembrano rimandare al caos originario.
“«Come mai i miei capelli non sono aggrovigliati?» disse, accarezzandoli.
«Furono sempre trascinati dalla corrente».
«Come? – Cosa volete dire?»
«Non avrei potuto riportarvi in vita se non immergendovi nel fiume caldo ogni mattina».
Ebbe un brivido di disgusto, e rimase per un po’ con lo sguardo fisso sull’acqua corrente”.
Nel corso del romanzo, Lilith, da essere oscuro e ribelle, si trasforma e giunge a una sorta di agonia spirituale che precede la redenzione.
“All’improvviso la principessa inarcò il corpo verso l’alto, poi balzò sul pavimento e rimase in piedi. L’orrore sul suo viso mi fece tremare all’idea che i suoi occhi si aprissero e la loro vista mi annientasse. Il suo petto si sollevava e si riabbassava, ma non usciva alcun respiro. I suoi capelli pendevano gocciolando; poi si rizzarono sulla testa ed emisero scintille…”
Come la gatta Pussy, torturata con spine e spilli dalle fate in Phantastes, anche Lilith sprigiona scintille. Le scariche elettriche si riversano nella stanza dei Piccoli, tutta piena di gatti:
“Sciamavano su e giù, avanti e indietro, ovunque nella stanza”.
I capelli di Lilith sono stati rappresentati visivamente da due grandi artisti. Dante Gabriel Rossetti in Lady Lilith raffigura Lilith come una donna bellissima ed eterea, immersa in un gesto di auto-ammirazione: si guarda allo specchio e si pettina i lunghi capelli sensuali, ma senza riferimenti demoniaci espliciti.

John Collier in Lilith propone una versione più ambigua: la sua Lilith è nuda, un serpente le si avvolge intorno al corpo richiamando il concetto di peccato originale. I capelli sono sciolti, rossi e fluenti, simbolo di seduzione, pericolo e tentazione.

N.B. Le traduzioni dei brani riportati sono tratte dal seguente volume: George MacDonald, Lilith, traduzione di Michela Alessandroni, flower-ed 2024.